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Miere

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franco farinaOstuni ventisei settembre 2016, Filippo si sta facendo il vino. E che vino! Non è il solito vino per palati sopraffini, boccata di frutti esotici mista ad aromi salmastri del lontano Oriente, corpo spesso ed asciutto con riverbero tannico di legni pregiati, bottiglia di vetro di Murano con tappo ottenuto dalle sughere del Lago Salato. Niente di tutto ciò, si tratta di “Mière cullu cametre” (vino col camedrio). I palati sopraffini non sanno nemmeno di cosa sto parlando. Francesco Mastromarino, il figlio grande di Filippo, ha deraspato i grappoli d’uva e li sta pigiando con Giuseppe suo nipote nel tino grande. La signora Tina, la moglie di Filippo, sta vicino al fuoco a seguire “l’ascinata” (l’acinata). Una grande pentola sul fuoco viene miere3riempita per due terzi di acini d’uva che vanno in cottura fino a quando non cominciano ad esplodere. Al centro, immersi negli acini “nu mazze de fenucchie pacce, nu mazze de cametre e la nepta” (un mazzo di finocchio selvatico, un mazzo di camedrio, e la nepta (nepitella). Una volta pronta l’acinata viene mischiata col mosto, così tutto il vino prenderà un sapore ed un aroma particolare. Il vino così non lo fa più nessuno, in realtà ciò che si ottiene sta a mezza strada tra il vino ed una bevanda medicinale. Il forte apporto zuccherino dell’acinata cotta aiuta la fermentazione e nella maggior parte dei casi impedisce che il vino diventi aceto. Il finocchio selvatico ed il camedrio lo rendono fantastico per la digestione. Francesco e Giuseppe hanno finito di pigiare, adesso tutto passa nella “furata” (torchio), poi il mosto sarà distribuito con cura nei capasoni. La giusta fermentazione ed a San Martino si potrà già bere. Nello stanzone dove è messo il torchio s’intravedono sul tavolo i resti del pranzo: cavatelli con le cozze. Tina sa il fatto suo. miere2Perché vi sto raccontando tutto ciò? Perché non stiamo parlando di un semplice vino ma di una bevanda medicinale che in pratica in un passato non molto lontano, veniva tenuta in gran conto. Perché stiamo parlando di un gruppo familiare, tre generazioni, che si mette in moto per produrre qualcosa che servirà a tutta la famiglia. Perché c’è gente che non ama andare al supermercato a cercare le cose importanti. Perché le piccole cose importanti per la vita di tutti i giorni devono essere raccontate, spiegate e rese note. Perché certe volte conoscere ed avere memoria dei fatti e delle cose di un sapere tradizionale può renderci esseri umani innovatori e rivoluzionari. Culla bbona saluta!

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