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“Lu scupariedde” e la calce

Nel 2018 è nata in Ostuni una nuova associazione culturale, ‘Lu scupariedde’, promossa da due nostri concittadini, i fratelli Farina e da un nutrito gruppo di donne e uomini, desiderosi di ritingere di bianco la nostra città. Il mensile Albacomunicazioni ha gentilmente offerto questa pagina all’associazione, al fine di avviare una costruttiva riflessione critica sul tema del bianco calce in Ostuni e promuovere una nuova cultura dello studio e della conservazione dei valori materiali identitari dell’architettura alto salentina. In questo primo contributo ci si sofferma proprio sul tema della della conservazione e tutela dei valori identitari di cui lo scialbo di calce si fa portavoce, auspicando con la redazione una continua e produttiva collaborazione di penna. Questioni di metodo*. «Nessuna civiltà (nel senso antropologico della parola, intesa come sistema di idee scientifiche e artistiche, miti, religioni, valori e abitudini quotidiane) può sussistere e sopravvivere senza una memoria collettiva» (Eco Umberto, Contro la perdita di memoria, Lectio magistralis presso Palazzo di Vetro, New York, 21 ottobre 2013, siNGer (a cura di), in «Robinson, La Repubblica », n. 64, 18 febbraio 2018, pp. 17-23.). Lo studio della storia delle tecniche costruttive approfondisce la conoscenza della storia dell’architettura, attraverso l’interrogazione diretta e materiale del manufatto edilizio, coinvolgendo molteplici fattori che contribuiscono nel tempo alla costruzione dei contesti urbani e rurali. Analizzando un organismo architettonico nei suoi aspetti materiali, tecnici, fisico-chimicomeccanici, è effettivamente possibile interpretare il progetto originario e tentare una lettura storico-critica dell’opera, mediante l’individuazione di processi e metodi costruttivi ivi sedimentati (fasi di cantiere, ripensamenti e modifiche, superfetazioni, sperimentazioni pratiche di posa in opera, varianti fantasiose e stratificazioni sedimentate sulla pelle dell’edificio e nella sua anima strutturale, motivate anche da variazioni di destinazione d’uso ecc). Al contempo, lo studio della storia delle tecniche costruttive aiuta a rileggere dell’organismo architettonico quella facies che lo caratterizza e lo rende un unicum nel contesto di cui è parte integrante, al fine di programmare e progettare specifiche attività reintegrative e filologiche maturate attraverso la ‘lettura’ delle istanze storica ed estetica proprie del monumento. L’indagine svolta sull’edilizia storica pugliese apre nuovi scenari di lettura e d’interpretazione dell’architettura, al fine di tutelare quegli ambiti, anche di natura paesaggistica, oggi individuati dalla normativa (P.P.T.R., 2017 della regione Puglia), in un contesto geografico in cui appare ridotta la specialistica letteratura scientifica. Lo scialbo a base di latte di calce, il ‘bianco calce’ impiegato come metodo di finitura superficiale, presenta un forte carattere ‘identitario’ riscontrabile in molti centri storici della Valle d’Itria e in modo particolare nella città di Ostuni. Il bianco calce. Il bianco calce acceca da sempre con il suo candore la vista di chi percorre le strade dei centri storici e della campagna nella Valle d’Itria, lungo le ultime propaggini della Murgia meridionale. Qui, più che altrove in Puglia, la città antica e il paesaggio urbano e rurale storicizzato si vestono di una soluzione di finitura omogenea e naturale, lo scialbo a base di latte di calce purissimo, steso a pennello con cadenza periodica, sia con funzione igienizzante, sia estetica che protettiva. Ne sono interessati particolarmente gli edifici storici minori, quelli a schiera e a piccola corte, adagiati sui dolci pendii delle colline, all’interno di bianche mura, di cui sono cinti i borghi fortificati (chiamati localmente «la Terra»). Questo fenomeno tecnico-costruttivo di finitura delle superfici architettoniche, su muri in elevato e volte, investe diffusamente e da sempre in campagna anche le superfici murarie di torri di avvistamento costiero, complessi masserizi, architetture rurali (‘trulli’, ‘casedde’, ‘lamie’), muretti a secco “allattati” a calce, soprattutto in prossimità degli ingressi murati a doppia falda, lungo i cigli stradali. Indagando sulle logiche d’impiego, di diffusione e di persistenza di questa tecnica di finitura, è innegabile che questa rappresenti uno dei caratteri identitari di un gran numero di abitati nella cosiddetta Murgia dei trulli, in Terra di Bari e anche in Terra d’Otranto. Rilevabile già in Età preclassica, questa tecnica di finitura ebbe una lunga durata nei secoli e continuò ad essere eseguita durante i periodi di dominazione greca, romana, longobardo-bizantina, normanna, angioinoaragonese e borbonica. La ricerca svolta sulle finiture con scialbo di calce si sviluppa attorno a quattro ambiti tematici:
a) la lettura storico-critica del fenomeno costruttivo dello scialbo di calce a scala urbana e territoriale nella Valle d’Itria, nella Murgia dei trulli e nell’area della piana brindisina;
b) l’approfondimento delle regole tecnico-esecutive di cantiere, che ne giustifichino un uso continuativo, e capillare;
c) l’interpretazione dei processi di nascita, affermazione e diffusione dell’impiego dello scialbo di calce, riletto in ambito territoriale regionale;
d) l’individuazione di processi in atto di alterazione – cancellazione delle tracce della memoria storica materiale, a causa di orientamenti operativi registrati in loco che comportino la cancellazione mistificazione – riproduzione acritica di elementi decorativi che annullino il carattere identitario delle facciate storiche; rimozione sistematica delle finiture a calce bianca; modifiche sostanziali dei prospetti.
I sogni e le aspettative in cantiere presso l’associazione Lu Scupariedde sono molteplici. Il gruppo di coordinamento ha già deciso di avviare con la bella stagione una serie di attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti di questo tema di studio che ha fortissime ricadute di natura estetica, materiale ed economica-turistica sull’intero territorio comunale e provinciale.

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