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I giardini della Grata

tableaux“La mattina mi alzai con un pensiero fisso, dovevo andare a parlare con Mimmo per vedere se aveva una casa con un pezzo di terra ad Ostuni. Ci andai, lui quel pezzo di terra ce l’aveva. Ma c’era già un altro acquirente che aveva fatto un’offerta inferiore alla richiesta fatta dalla proprietà. Gli dissi che per me la somma richiesta dai proprietari andava bene e che ero disposta a concludere. Diventò la mia casa.” Siamo in Corso Vittorio Emanuele ad Ostuni, al di sotto del vecchio ospedale civile, Paola Azzaretti mi sta mostrando la sua casa, sistemata alla sommità di uno degli antichi orti della città vecchia. Un luogo fino a poco tempo fa abbandonato, pieno di rovi, muri a secco crollati, terrazzi dismessi e tanta robaccia rotolata giù dalla strada. Oggi la piccola casa è linda di calce, fiori ed aiuole dappertutto, impianto idraulico attivo, gli antichi terrazzamenti coltivati e pieni di verdura. Il panorama: in primo piano la chiesa della Madonna della Grata, dietro , la città vecchia e poi il mare da est ad ovest -Ma ti sei messa a coltivare la verdura? -Siiii……… non sono io che la coltivo. Amo la terra, sono ad Ostuni da dodici anni ed ho sempre abitato in campagna ma questo sarebbe un lavoro troppo grosso per me sola. -E chi la coltiva? -Antonio, Antonio Capriglia quello dell’Equosolidale. Ci conosciamo da tanto, compro da loro la verdura biologica e quando hanno saputo che avevo acquistato questo terreno ci siamo intesi subito: così tre anni fa è partito il progetto dei “Giardini della Grata”. Antono Capriglia è un tecnico che si occupa di agricoltura biologica e biodinamica, mi parla di questi orti che oggi sono diventati un fiore all’occhiello della città, meta di visite guidate, di scuole e di specialisti del gourmet. -Paola ci ha dato i terreni in comodato gratuito, per me e per Enza rimettere in bello questi antichi orti è stata una scommessa, un azzardo, un sogno. Questi giardini sono già citati in carte medievali, sono antichissimi. C’è un grande acquaro e due cisterne più piccole ma nessuna di queste è utilizzabile perché perdono acqua, bisogna ripararli. Abbiamo risistemato le terrazze, rimesso in funzione il vecchio impianto di canalizzazione e scolo dell’acqua. La terra era terra di riporto, calcarea, bianca, senza vita. L’abbiamo dissodata, rimossa, mescolata e concimata col letame, piano piano si è ripresa. Produciamo colture stagionali, insalata, finocchi, sedano, peperoni, verze, carote, cime di rape, pomodori. giardini-1Si utilizzano vecchie varietà tradizionali e non ibride, non vengono usati concimi chimici. Non usiamo diserbanti né insetticidi chimici, utilizziamo una serie di insetti antagonisti che in pratica fanno la guardia alle colture. In piena produzione i colori di quest’orto sono strepitosi, nuovi, desueti … ed i sapori anche. Si, non utilizzando concimi chimici i colori ed i sapori della verdura cambiano, qui puoi cogliere un pomodoro dalla pianta e mangiarlo, non corri pericolo. Abbiamo cercato, per quanto possibile, di utilizzare varietà autoctone che venivano impiegate prima degli anni sessanta, colture forti che si erano adattate al nostro clima ed al terreno. Con quest’orto è come se ci stessimo riappropriando della storia dei nostri valori, dei nostri sapori e della bellezza. – Di quale bellezza parli ? – Mi spiego. Io sono ostunese figlio di contadini ostunesi ed i miei genitori mi hanno passato l’amore per la terra e tutto il resto, nel nostro dialetto i contadini si dicono “vellane” mentre gli ortolani vengono detti “ciardeniere” (giardiniere). Ecco dove sta la “bellezza”. Nella nostra tradizione gli orti erano talmente belli e gli ortolani talmente bravi che questi ultimi venivano chiamati giardinieri. E gli orti … giardini. Era una bellezza che si coltivava, si guardava e si mangiava. Questo è il mio sogno, che oggi grazie ad Enza a Paola ed a me sta prendendo forma. Dimmi tu se è poco! Mi viene in mente una frase che mi ha detto il signor Pasquale Gallone di Ceglie Messapica che ho incontrato la settimana passata ad “Hortus”, la bella manifestazione che si è tenuta nella villa comunale di Ostuni. “ … Franco, Franco, non ci dobbiamo dimenticare mai che siamo noi ad avere bisogno della Natura e non la Natura di noi, per questo la dobbiamo rispettare!” La cosa interessante dei Giardini della Grata è che, infine, una cosa fatta da privati cittadini si riverbera a vantaggio di un’intera città … sarebbe bello se questo morbo si diffondesse! Se così fosse quella orribile (pur tuttavia utile) bretella che raccorda Corso Vittorio Emanuele col Vitale potrebbe un giorno per incanto contestualizzarsi col resto del paesaggio, oppure gli orti urbani sotto Porta Nova essere strappati all’abbandono ed alle piante infestanti. Oppure ancora, alla faccia di divieti ed atti d’imperio che possono correre anche sul filo della filodiffusione, affidare la città vecchia a chi vorrebbe viverla, abitarla e darci di tanto in tanto una mano di calce in modo da contrastare con una semplice azione ponderale chi vorrebbe soltanto spremerla. Chissà … ?

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