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La Villa Comunale

Il 28 novembre del 1930, VII anno dell’era fascista, il podestà Giuseppe Ciraci, presenti le autorità civili e religiose inaugurava in pompa magna la Villa Comunale di Ostuni. Era l’anniversario della marcia su Roma. La Villa Comunale fu fatta per il popolo, per la bellezza ed il decoro della città, per la salubrità dell’aria; ma non solo. Anche Ostuni entrava così nel novero delle città e delle cittadine che avevano un giardino pubblico. Nel progetto originario del 1860 la Villa avrebbe dovuto essere collocate nei dintorni della colonna di S. Oronzo ma poi viste le difficoltà di esecuzione (?) si decise di destinare il giardino pubblico ad un’altra zona; l’area prescelta fu quella della Foggia. Qui, lungo quella che oggi è via Maggiore Ayroldi e la successiva via Martiri di Kindu, nella seconda metà dell’ottocento sorsero i palazzi della nuova nobiltà del paese, la nobiltà dei galantuomini. Si contavano fra essi latifondisti, commercianti, imprenditori e massari che erano riusciti a diventare ricchi. Frequentavano Napoli, la città; a Napoli facevano studiare i propri figli ed a Napoli compravano la mobilia e prendevano i modelli per gli abiti delle signore. Palazzi enormi, tutti in pietra con rilievi aggettanti, logge superbe e portali sontuosi. Facevano a gara l’un l’altro per dare lustro alla propria schiatta, senza risparmio di materiali e di manodopera.

Ogni palazzo doveva essere il più bello. E così fu. Nel giro di qualche decennio si ebbe un quartiere signorile che ancora oggi sorprende per le sue caratteristiche e per il paesaggio urbano a cui ha dato luogo. La sua bellezza sta nella bellezza dell’opera. Gli architetti, i mastri muratori ed i maestri scalpellini hanno realizzato qui dei manufatti figli di quell’Eclettismo Italiano che tanto ha preso da tutti i periodi precedenti. Neoclassicismo, barocco e rinascimento hanno dato molti modelli a questi palazzi, modelli che ovviamente sono stati rivisitati ed opportunamente mischiati fra loro. Dall’altro lato, lungo quella che oggi è Corso Umberto I°, sorgeva e si espandeva il quartiere del “Barco” dove ci abitava una popolazione benestante ma non ricca come quella dei palazzi che oggi affacciano su via Martiri di Kindu. Tra questi due blocchi urbani c’era un’area di circa cinque ettari su cui erano collocate la chiesa della Madonna delle Grazie ed un po’ più avanti la “Foggia”. La Foggia era un grande invaso a cielo aperto per l’acqua piovana, serviva al paese come riserva d’acqua per i mesi di siccità. Non era un semplice fosso, era un’antica cisterna, enorme di cui si hanno notizie risalenti già alla prima metà del cinquecento (L. Pepe). Un’opera pubblica importante ma che col tempo, stando a quanto si diceva nei vari consigli comunali che avevano trattato l’argomento, era entrata in disuso. Ormai piena di rifiuti, carogne di animali, flora d’acqua e quant’altro. Provocava esalazioni mefitiche; e stuoli di zanzare facevano da padrone in tutta l’area. Si decise pertanto di colmare la Foggia depositando al suo interno tutte le macerie prodotte in paese; non fu cosa facile ci vollero decenni. A questo proposito bisogna precisare che vi furono varie ordinanze con cui sindaci, commissari e podestà che si susseguirono negli anni provarono a convincere “li trainiere” (vetturali) ostunesi a trasportare e scaricare macerie nella Foggia più o meno aggratis. La “Villa” comincia così a nascere per fasi successive già agli inizi del novecento. Viene recintata l’area, vengono messe a dimora le prime piante, vengono tracciati i viali ed i percorsi, sono previste persino una serra ed una coffee house (diventerà il Bar della Villa). A detta di molti esperti fu fatto un ottimo lavoro; molto fu speso per le piante messe a dimora, piante che oggi sono una rarità e rappresentano un patrimonio arboreo importante per la comunità. Sicuramente chi redasse il progetto del parco sapeva il fatto suo. Torniamo di nuovo alla Villa, alla nostra bellissima Villa comunale facendo un piccolo excursus nella storia dei giardini. Tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento i giardini pubblici, in particolar modo nelle grandi città industriali, rappresentarono un investimento per la salubrità dell’aria e per la bellezza dei luoghi; un vero e proprio bene pubblico. Ma a guardare con attenzione la nostra Villa ci si accorge che essa oltre ad essere giardino pubblico potrebbe rappresentare anche un’altra tipologia di giardino: lo “Square”. Lo “Square” è un giardino privato, chiuso, solitamente pertinente ad un palazzo o ad una serie di palazzi ed a cui hanno accesso solo i proprietari di quei palazzi. Bene, se si guarda la nostra Villa Comunale da questo punto di vista si potrebbe dire che i proprietari dei palazzi di cui sopra godono di fatto di fronte alle proprie abitazioni di un vero e proprio “Square”. E che “Square” , veramente fatto col pennello!!! Oltre al giardino pubblico, la Villa Comunale, in questo Square c’era anche la chiesa delle Grazie (avevano la chiesa sotto a casa !) ed il parco della Rimembranza. Non era e non è poco. Tanto di cappello a questa gente. PS. Si ringrazia Salvatore Valente, fotografo e fotoreporter per le foto del suo archivio.

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